Si chiamano “early warning reports” o EWR (“report preventivi di avvertimento” potrebbe essere una traduzione accettabile) le segnalazioni che la maggior parte delle case automobilistiche devono inoltrare trimestralmente alla National Highway Traffic Safety Administration (NHTSA, l'agenzia del Dipartimento dei Trasporti per la sicurezza del traffico).
La Ferrari 458 Speciale,
I report, che contengono una serie di informazioni sulla sicurezza delle automobili (quali inconvenienti accaduti nel periodo di garanzia, lamentele da parte dei clienti, incidenti), permettono all'ente USA di elaborare delle statistiche e individuare eventuali difettosità dei modelli commercializzati negli Stati Uniti d'America.
Dopo l'acquisto del 100% di Chrysler - che verrà finalizzato entro il mese – l'amministratore delegato di Fiat e principale fautore della fusione delle due aziende Sergio Marchionne, ha illustrato il futuro della Fiat in un'intervista a La Repubblica.
Sergio Marchionne racconta la sua visione sul Gruppo Fiat-Chrysler
Nella lunga chiacchierata con Ezio Mauro, direttore della testata, Marchionne ha ripercorso le tappe del cammino che ha portato prima ad un accordo tecnologico con l'azienda statunitense, poi – grazie all'intuizione del manager italo-canadese e al coinvolgimento diretto dell'amministrazione Obama – alla scalata di Chrysler. Uno dei maggiori cambiamenti nel mondo dell'auto da decenni.
Parte con il botto il 2014 per il mondo dell'auto in Italia, grazie all'accordo fra Fiat e VEBA (Voluntary Employee Beneficiary Association), siglato mercoledì dopo mesi e mesi di intense negoziazioni, per l'acquisizione da parte del gruppo italiano delle quote Chrysler ancora mancanti per il controllo completo del produttore auto americano.
Sergio Marchionne (a sinistra) e John Elkann, artefici dell'accordo che porta al controllo di Chrysler da parte di FGA
VEBA gestisce e paga per le prestazioni mediche per i dipendenti in pensione di Chrysler (117.000 persone) e le loro famiglie, è parte del sindacato UAW (United Automobile Workers).
Il
Gruppo Fiat-Chrysler ha rilasciato una nota stampa (clicca qui per la versione integrale del documento) – a firma congiunta John
Elkann (Presidente) e Sergio Marchionne (CEO) -, comunicando i
risultati del secondo trimestre 2013, con sensibili miglioramenti
rispetto allo stesso periodo del 2012.
Fiat Viaggio: berlina Made in China
I
ricavi del secondo trimestre sono cresciuti del 4%,
passando da 21.524 milioni di euro a 22.325 milioni, mentre i volumi
delle vetture consegnate (dei marchi generalisti) sono passati da
1.102.00 a 1.155.000).
Un mercato domestico in caduta libera e una vertenza con il sindacato dei metalmeccanici FIOM – resa ancora più accesa dalla recente decisioni della Corte costituzionale di dichiarare incostituzionale l'articolo 19 dello statuto dei lavoratori – hanno creato i presupposti per il blocco degli investimenti Fiat, secondo Sergio Marchionne, e potrebbero portare ad un trasferimento di parte della produzione del Gruppo Fiat al di fuori dell'Italia.
Sergio Marchionne allo stabilimento Sevel di Atessa (CH)
Le dichiarazioni di Marchionne sono state rilasciate in occasione della visita allo stabilimento Sevel (lo scorso 9 luglio), dove viene prodotto il veicolo commerciale Fiat Ducato, di Atessa (in Abruzzo, nella provincia di Chieti).
Contrariamente
alla tradizione, a capo dei tre produttori d'auto americani
denominati “the big three” - Ford, General Motors e Chrysler –
oggi troviamo tre boss – Alan Mulally, Dan Akerson, Sergio
Marchionne - che non sono né “uomini dell'auto”, né manager con
una lunga storia nelle rispettive aziende.
Una
breve ma efficacie analisi degli loro stili è apparsa sul
settimanale britannico The Economist.
L'inserimento di
manager provenienti da settori diversi da quello dell'auto non sempre si è
rivelato essere una scelta fortunata: in tempi recenti
l'acquisizione di Ron Zarrella – proveniente da un produttore di
lenti a contatto – come capo della divisione Nord America della GM
e il breve regno di Bob Nardelli a capo della Chrysler (Nardelli
veniva da una catena di negozi fai-da-te) sono stati – al contrario
- due esempi di storie di insuccesso.
Fanno eccezione,
per l'appunto, i capi supremi delle “tre grandi”, nonostante le
nette differenze che contraddistinguono i loro stili di management.
L'ingegnere di
Oakland (California) Alan Mulally proviene dal produttore di
aeroplani Boeing, ha preso posto come presidente e CEO di Ford Motor
Company nel settembre 2006, succedendo al bis-nipote del fondatore
(Henry Ford), William Clay Ford junior.
Lo stile di Mulally, secondo
l'autorevole settimanale, è quello del “cheerleader esigente”:
grandi sorrisi ed abbracci, grande rigore e responsabilizzazione,
spinge a dare il meglio di sé stessi per ottenere approvazione.
Proviene da una
società di telecomunicazioni il boss di GM, Dan Akerson (anche lui
californiano di nascita), ma ha un passato da ex-ufficiale di marina,
e si vede.
Il “management degli ordini urlati” è lo stile che
contraddistingue il ruvido manager, dai modi gelidi.
Attenzione per i dettagli, disciplina, ordine, sono i punti di forza di questo modello: si racconta che abbia interrotto una riunione per raccogliere un pezzo di stoffa da terra.
Non aspettarti
alcun abbraccio è il consiglio che The Economist si sente di poter dare.
A capo della più
piccola delle tre grandi troviamo l'italo-canadese Sergio Marchionne, il quale precedentemente aveva lavorato per il Gruppo SGS (servizi di ispezione, verifica e certificazione). Esponente del “management a spasso”, sempre in viaggio, vestito
informalmente, appare improvvisamente in fabbriche ed uffici Chrysler
o Fiat in giro per il mondo, per sistemare problemi al volo.
Una
sorta di micromanager, nel bene e nel male. O un manager fai-da-te,
aggiungiamo noi, una specie di Sergio the Builder, caratteristica
(forse) necessaria per gestire un'azienda come la Fiat.
Chi dei tre è
destinato ad entrare nell'Olimpo dei grandi dell'auto? Secondo il
giornale inglese non ci sono dubbi, è Mulally, l'uomo che ha
permesso a Ford di ritornare in salute senza ricorrere né alla
bancarotta, né a pesanti aiuti da parte del governo.
Si festeggia – senza troppi fuochi artificiali – il 100esimo compleanno di Alfa Romeo. L'atmosfera non è proprio quella delle grandi celebrazioni, fra voci e consigli sempre più insistenti relativi alla vendita del marchio (peraltro smentita da Sergio Marchionne), a qualcuno che ne possa sfruttare il glorioso passato. Che il passato sia spesso più rosa (o più rosso) del presente o del futuro, lo testimonia anche un sondaggio – riportato dal sito olandese autoblog.nl – secondo il quale l'Alfa migliore di tutti i tempi sarebbe la Giulia GTAm, roba di 40 anni fa (altro che novità auto!).
Giulia GTAm
Eppure nemmeno il passato di Alfa Romeo è stato mai sufficientemente glorioso dal punto di vista dei volumi, sempre troppo bassi per garantire un conto economico decente: un difetto congenito della marca. Negli Stati Uniti – ad esempio – pur avendo lasciato un ricordo indelebile (anche grazie al film cult “Il laureato”, dove fa bella mostra di sé un Duetto, rigorosamente rosso), la casa del biscione aveva di poco superato le 20.000 unità/anno anche nei momenti di massimo splendore.
Soluzioni alternative alla vendita del Marchio? Aumentare i volumi, guadagnare soldi invece di perderli. Raggiungere le 500mila unità entro il 2014, anche a costo di far vendere Alfa Romeo ai concessionari Fiat, cosa impensabile fino a qualche tempo fa. È questa infatti la strategia che si delinea per gli Stati Uniti, come dichiarato dall'AD Fiat e Chrysler, il 23 agosto 2010, allo stabilimento Jeep di Toledo (Ohio, Stati Uniti), in occasione della visita del vicepresidente degli Stati Uniti Joe Biden. Sembra “più che probabile” che il primo modello che verrà commercializzato negli USA dopo la ritirata avvenuta nel 1995 – la Nuova Giulia (se così si chiamerà) – a partire da fine 2012, sarà esposto nei saloni Fiat. Quest'anno saranno 200 i mandati Fiat per il Nordamerica, da attribuire principalmente a concessionarie del Gruppo Chrysler. Lunedì prossimo, il 30 agosto, 600 concessionarie rappresentanti 119 città americane, andranno a Detroit, dove verrà loro raccontato quali saranno i requisiti richiesti alle concessionarie Fiat, durante un Dealer Meeting (dove peraltro non si parlerà ancora di Alfa Romeo).
Buon compleanno, Alfa, e altri 100 di questi giorni (possibilmente con i conti in nero).