mercoledì 23 gennaio 2013

Tre manager con tre stili diversi per i grandi tre dell'industria auto USA

Contrariamente alla tradizione, a capo dei tre produttori d'auto americani denominati “the big three” - Ford, General Motors e Chrysler – oggi troviamo tre boss – Alan Mulally, Dan Akerson, Sergio Marchionne - che non sono né “uomini dell'auto”, né manager con una lunga storia nelle rispettive aziende.

Una breve ma efficacie analisi degli loro stili è apparsa sul settimanale britannico The Economist.

L'inserimento di manager provenienti da settori diversi da quello dell'auto non sempre si è rivelato essere una scelta fortunata: in tempi recenti l'acquisizione di Ron Zarrella – proveniente da un produttore di lenti a contatto – come capo della divisione Nord America della GM e il breve regno di Bob Nardelli a capo della Chrysler (Nardelli veniva da una catena di negozi fai-da-te) sono stati – al contrario - due esempi di storie di insuccesso.

Fanno eccezione, per l'appunto, i capi supremi delle “tre grandi”, nonostante le nette differenze che contraddistinguono i loro stili di management.

L'ingegnere di Oakland (California) Alan Mulally proviene dal produttore di aeroplani Boeing, ha preso posto come presidente e CEO di Ford Motor Company nel settembre 2006, succedendo al bis-nipote del fondatore (Henry Ford), William Clay Ford junior. 

Lo stile di Mulally, secondo l'autorevole settimanale, è quello del “cheerleader esigente”: grandi sorrisi ed abbracci, grande rigore e responsabilizzazione, spinge a dare il meglio di sé stessi per ottenere approvazione.

Proviene da una società di telecomunicazioni il boss di GM, Dan Akerson (anche lui californiano di nascita), ma ha un passato da ex-ufficiale di marina, e si vede.

Il “management degli ordini urlati” è lo stile che contraddistingue il ruvido manager, dai modi gelidi.

Attenzione per i dettagli,  disciplina, ordine, sono  i punti di forza di questo modello: si racconta che abbia interrotto una riunione per raccogliere un pezzo di stoffa da terra.

Non aspettarti alcun abbraccio è il consiglio che The Economist si sente di poter dare.

A capo della più piccola delle tre grandi troviamo l'italo-canadese Sergio Marchionne, il quale precedentemente aveva lavorato per il Gruppo SGS (servizi di ispezione, verifica e certificazione). Esponente del “management a spasso”, sempre in viaggio, vestito informalmente, appare improvvisamente in fabbriche ed uffici Chrysler o Fiat in giro per il mondo, per sistemare problemi al volo.

Una sorta di micromanager, nel bene e nel male. O un manager fai-da-te, aggiungiamo noi, una specie di Sergio the Builder, caratteristica (forse) necessaria per gestire un'azienda come la Fiat.

Chi dei tre è destinato ad entrare nell'Olimpo dei grandi dell'auto? Secondo il giornale inglese non ci sono dubbi, è Mulally, l'uomo che ha permesso a Ford di ritornare in salute senza ricorrere né alla bancarotta, né a pesanti aiuti da parte del governo.

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